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Unionbirrai e Cna Alimentare contro l'aumento dell'accisa sulla birra
Unionbirrai U.
ha lanciato questa petizione diretta a:
il Governo e il Parlamento italiano
Da sempre il Made in Italy è stato promosso e portato avanti dalle piccole aziende artigianali ed agricole che con dedizione e sacrificio hanno creato prodotti di grande qualità che hanno conferito all’Italia l’immagine di eccellenza che oggi detiene. Non ci sono però solo salumifici, pastifici, caseifici, frantoi e cantine vitivinicole (molti dei quali non hanno vissuto neppure il recente aumento di un punto percentuale dell’IVA). Dai pioneristici albori di una quindicina di anni fa, oggi ci sono in Italia più di 500 microbirrifici che producono una vasta gamma di birre artigianali di grande qualità, premiate per le loro peculiarità nel mercato interno ed internazionale.
Il mondo intero guarda con grande interesse a questo “rinascimento italiano” nel settore della birra artigianale, perché con la passione, l’equilibrio e quella sensibilità nel gusto che ci differenzia dagli inglesi, belgi o tedeschi, si è riusciti a portare freschezza e novità in un comparto che, grazie a questo, oggi è caratterizzato da vivacità ed interesse. La prova di quanto affermato sono i riconoscimenti e le medaglie che i birrifici artigianali italiani mietono nei vari concorsi internazionali, che dieci anni fa erano un’illusione e che oggi in Europa, Australia e Stati Uniti attestano la qualità della birra artigianale italiana.
Questo settore, negli ultimi anni, sta anche spingendo l’indotto e l’agricoltura, infatti, stanno aumentano esponenzialmente le birre prodotte con orzo italiano, si stanno creando nuove malterie, sta aumentando la semina dell’orzo per birra, alcune aziende agricole hanno aperto un microbirrificio per trasformare il loro orzo. Si sta iniziando a produrre luppolo nazionale, nonostante l’assenza di incentivi statali sulla riconversione della coltivazione.
Grazie al lavoro di questi piccoli artigiani della birra, oggi il “made in Italy” brassicolo non è più solo Menabrea o Peroni (marchio di proprietà di Sab Miller) o Moretti (marchio di proprietà di Heineken) o Porretti (marchio di proprietà di Carlsberg), ma nei primi 100 birrifici al mondo per qualità ed innovazione ce ne sono diversi italiani. Anche da un punto di vista occupazionale, tra birrifici e brewpub, la forza lavoro generata a livello produttivo, equivale a quella dell’industria birraria, anche se più omogeneamente distribuita sul territorio nazionale, ud compreso (23 microbirrifici in Sardegna, 20 in Sicilia, 26 in Puglia, 34 in Campania, 16 in Abruzzo, 5 in Molise, 8 in Calabria e 2 in Basilicata)
I quindici anni di storia di questo comparto non sono però stati solo rose e fiori, anzi si sta lottando da anni contro diversi e gravi problemi:
• accise: in Italia e solo in Italia, grazie alla lobby di Principi, Marchesi e Baroni, il vino non paga l’accisa. Inoltre molti birrifici pagano più dell’industria, perché l’accisa viene loro conteggiata sul “mosto” e non sulla birra finita, con un aggravio maggiore rispetto all’industria del 15-20%
• riduzione accise: in molti paesi europei, per i birrifici “piccoli” ovvero che producono meno di 10.000 ettolitri di birra all’anno, ci sono sconti ed incentivi, cosa che l’Italia non ha mai voluto prendere in considerazione
• semplificazione: da anni si sta cercando di armonizzare e semplificare le specifiche di controllo e la burocrazia, ma senza successo.
La fotografia ritrae dunque un settore che faticosamente punta all’eccellenza, costituito da più di 500 aziende che producono in media 500 Hl, fatturano in media 200.000 euro, impiegano 2-3 persone che producono, confezionano, provvedono alla numerosa burocrazia, promuovono, vendono e cercano di recuperare i crediti.
Le difficoltà del mercato, dell’accesso al credito, ai finanziamenti pubblici, la crescente burocrazia ed adempimenti necessari nel settore alimentari, che non hanno eguali in Europa, rischiano di minare questo giovane settore che vede consumi bassi e troppa stagionalità.
In questo contesto giunge la notizia dell'aumento dell'accisa gravante sulla birra previsto a copertura dei provvedimenti contenuti nel D.L. 91 del 09/08/2013 a sostegno delle disposizioni urgenti a tutela e rilancio dei beni, delle attività culturali, del turismo e nel D.L. 104 recante misure urgenti in materia di istruzione.
Pur confermando la doverosa volontà dei birrai artigianali italiani di svolgere la propria parte nel tentativo di rilancio dei settori oggetto dei decreti sopra citati, non si può non rilevare l’inopportunità di tali provvedimenti, che ricalcando analoghi troppi esempi passati, tentano di risolvere le problematiche contingenti andando a finanziare progetti di emergenza senza vere progettualità di rilancio, tramite prelievi fiscali non adatti e controproducenti rispetto agli obbiettivi che si prefiggono, appesantendo e ostacolando l'attuale fase in controtendenza di un comparto che crea sviluppo e occupazione e che, a differenza di altri paesi in Europa, non gode di nessuna agevolazione di tipo fiscale rispetto ai grandi produttori.
Lo scenario descritto aprirebbe ineluttabilmente una fase di forte instabilità e sofferenza dei microbirrifici italiani nel brevissimo periodo, che porterebbe a un’inevitabile contrazione della crescita e al rischio concreto di chiusura di molti di essi.
Pertanto esprimiamo con consapevole determinazione la contrarietà nei confronti di tali provvedimenti, invitando con forza il Governo a riconsiderarne i contenuti, nel reale interesse delle imprese, dei cittadini e dell'intero Paese.
Il mondo intero guarda con grande interesse a questo “rinascimento italiano” nel settore della birra artigianale, perché con la passione, l’equilibrio e quella sensibilità nel gusto che ci differenzia dagli inglesi, belgi o tedeschi, si è riusciti a portare freschezza e novità in un comparto che, grazie a questo, oggi è caratterizzato da vivacità ed interesse. La prova di quanto affermato sono i riconoscimenti e le medaglie che i birrifici artigianali italiani mietono nei vari concorsi internazionali, che dieci anni fa erano un’illusione e che oggi in Europa, Australia e Stati Uniti attestano la qualità della birra artigianale italiana.
Questo settore, negli ultimi anni, sta anche spingendo l’indotto e l’agricoltura, infatti, stanno aumentano esponenzialmente le birre prodotte con orzo italiano, si stanno creando nuove malterie, sta aumentando la semina dell’orzo per birra, alcune aziende agricole hanno aperto un microbirrificio per trasformare il loro orzo. Si sta iniziando a produrre luppolo nazionale, nonostante l’assenza di incentivi statali sulla riconversione della coltivazione.
Grazie al lavoro di questi piccoli artigiani della birra, oggi il “made in Italy” brassicolo non è più solo Menabrea o Peroni (marchio di proprietà di Sab Miller) o Moretti (marchio di proprietà di Heineken) o Porretti (marchio di proprietà di Carlsberg), ma nei primi 100 birrifici al mondo per qualità ed innovazione ce ne sono diversi italiani. Anche da un punto di vista occupazionale, tra birrifici e brewpub, la forza lavoro generata a livello produttivo, equivale a quella dell’industria birraria, anche se più omogeneamente distribuita sul territorio nazionale, ud compreso (23 microbirrifici in Sardegna, 20 in Sicilia, 26 in Puglia, 34 in Campania, 16 in Abruzzo, 5 in Molise, 8 in Calabria e 2 in Basilicata)
I quindici anni di storia di questo comparto non sono però stati solo rose e fiori, anzi si sta lottando da anni contro diversi e gravi problemi:
• accise: in Italia e solo in Italia, grazie alla lobby di Principi, Marchesi e Baroni, il vino non paga l’accisa. Inoltre molti birrifici pagano più dell’industria, perché l’accisa viene loro conteggiata sul “mosto” e non sulla birra finita, con un aggravio maggiore rispetto all’industria del 15-20%
• riduzione accise: in molti paesi europei, per i birrifici “piccoli” ovvero che producono meno di 10.000 ettolitri di birra all’anno, ci sono sconti ed incentivi, cosa che l’Italia non ha mai voluto prendere in considerazione
• semplificazione: da anni si sta cercando di armonizzare e semplificare le specifiche di controllo e la burocrazia, ma senza successo.
La fotografia ritrae dunque un settore che faticosamente punta all’eccellenza, costituito da più di 500 aziende che producono in media 500 Hl, fatturano in media 200.000 euro, impiegano 2-3 persone che producono, confezionano, provvedono alla numerosa burocrazia, promuovono, vendono e cercano di recuperare i crediti.
Le difficoltà del mercato, dell’accesso al credito, ai finanziamenti pubblici, la crescente burocrazia ed adempimenti necessari nel settore alimentari, che non hanno eguali in Europa, rischiano di minare questo giovane settore che vede consumi bassi e troppa stagionalità.
In questo contesto giunge la notizia dell'aumento dell'accisa gravante sulla birra previsto a copertura dei provvedimenti contenuti nel D.L. 91 del 09/08/2013 a sostegno delle disposizioni urgenti a tutela e rilancio dei beni, delle attività culturali, del turismo e nel D.L. 104 recante misure urgenti in materia di istruzione.
Pur confermando la doverosa volontà dei birrai artigianali italiani di svolgere la propria parte nel tentativo di rilancio dei settori oggetto dei decreti sopra citati, non si può non rilevare l’inopportunità di tali provvedimenti, che ricalcando analoghi troppi esempi passati, tentano di risolvere le problematiche contingenti andando a finanziare progetti di emergenza senza vere progettualità di rilancio, tramite prelievi fiscali non adatti e controproducenti rispetto agli obbiettivi che si prefiggono, appesantendo e ostacolando l'attuale fase in controtendenza di un comparto che crea sviluppo e occupazione e che, a differenza di altri paesi in Europa, non gode di nessuna agevolazione di tipo fiscale rispetto ai grandi produttori.
Lo scenario descritto aprirebbe ineluttabilmente una fase di forte instabilità e sofferenza dei microbirrifici italiani nel brevissimo periodo, che porterebbe a un’inevitabile contrazione della crescita e al rischio concreto di chiusura di molti di essi.
Pertanto esprimiamo con consapevole determinazione la contrarietà nei confronti di tali provvedimenti, invitando con forza il Governo a riconsiderarne i contenuti, nel reale interesse delle imprese, dei cittadini e dell'intero Paese.
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